...tagli biografici, taglienti nella grafica di scena, ritagli misteriosi di momenti di un'infanzia a rischio, in pericolo di finire e di andare a cadere dentro posti inaccessibili, dove nascono segreti di una memoria che fa venire i brividi, viene voglia di gridare l'allarme, chi la salverà questa bambina ignara, che pure si mette a giocare e fa delle mosse di danza come fanno le bambine, perché il posto è fatto di muri dalla geometria non chiara, triangolare, come un resto murario dimenticato, e dunque il più pericoloso, perché nessuno più lo pratica, e un qualunque incidente infantile non ha via d'uscita. L'idea è kafkiana, Kafka ha di questi terrori. Questa bambina che sta lì sotto non viene più fuori, né lei lo sa, né lo vuole. Questo rende ancora più tragica l'idea artistica. Inesorabile è la stessa architettura di questi spazi, è quest'architettura il destino. Il mondo è quello della paura, degli incubi, di finire in luoghi e in certi spazi nei quali quando si cade poi non si sa come uscire: una bambina a cui succede questo è nera...
...le danzatrici evaporano, mentre saltano e si alzano perdono ogni peso, nell'aria, vorticando come fanno, perdono anche i veli di cui si servono per dare vertigine, infatti finiscono per diventare delle matasse di bianco filo, e quasi ricordano quei dolci di zucchero filato che mangiavamo da bambini, l'idea estetica è quella di una morfologia del bianco che per la trasmutazione in un bianco immaginario imprime una spinta aerea che girando su se stessa diventa del puro bianco lavorato, che evita di finire nell'informale solo perché la segreta sapienza della lavorazione ne fa il volo di una danzatrice di veli di pura organza.
Salvatore Fazia